I filati: un mondo a colori tutto da scoprire
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In questo post, attraverso una breve intervista con il Sig. Santioni, titolare Filatura Mareb, cercherò di fornirvi alcune informazioni e curiosità nell’ambito della colorazione dei filati.
La lavorazione dei filati e del filo in genere per quanto riguarda l’ambito cromatico e delle colorazioni in genere avviene generalmente in due modi.
1 Si lavora la materia greggia priva di colore e si procede alla colorazione in un secondo tempo
2 Viene lavorata la fibra grezza già precedentemente colorata.
Per quanto possiamo affermare non esistono delle differenze sostanziali per quanto riguarda il risultato finale, ne ci sono delle ragioni particolari, se non di tipo puramente organizzativo e procedurale sulla scelta di filare una materia prima già colorata o meno.
Qui di seguito ho voluto provare a sviscerare alcune curiosità su questa parte della filatura al fine di condividerle su questo “spazio” con la solita finalità: quella di non perdere il filo! 😉
Per colorare un filato si utilizzano delle sostanze coloranti… possiedono sempre le medesime caratteristiche o sono cambiate nel corso del tempo? Se sì, quali sono stati i cambiamenti più significativi?
La maggior parte dei coloranti impiegati oggi dall’industria tessile è di origine sintetica rispetto a quelle naturali, i vantaggi sono evidenti: come la maggiore uniformità di colorazione, non sbiadiscono nel tempo e dispongono di un’infinita gamma cromatica, tuttavia ultimamente qualche cosa sta cambiando.
Archroma, ad esempio, ha brevettato il metodo “Earthcolors” che, senza ricorrere ad alcun additivo chimico, ricava pigmenti da materiali naturali di scarto come gusci di mandorle e nocciole.
Adidas ha recentemente sperimentato la tecnica “drydye”, che usa anidride carbonica compressa e pressurizzata come agente per disperdere il colore all’interno delle poliestere.
ColorZen, che ha modificato la struttura molecolare del cotone, permettendo una migliore adesione del colorante alla fibra.
AirDye, una compagnia americana punta a disperdere la tintura sul tessuto usando aria anziché acqua, ecc.
Infine una recentissima alternativa degna di nota che potrebbe cambiare le carte in tavola, viene da Cambridge, Regno Unito.
Qui, nel gennaio del 2016, nasce la piccola startup Colorifix con un’idea tanto audace e innovativa da meritare il prestigioso premio “Breaking New Ground”nella Bio-start competition che il 14 luglio 2017 ha premiato, a Londra, le migliori startup nell’ambito delle biotecnologie.
Colorfix punta su colonie batteriche in grado di creare pigmenti colorati
Si individua un batterio in grado di produrre un certo pigmento, si estrae il gene responsabile della colorazione e si inserisce nel DNA di una coltura batterica appositamente creata dai ricercatori per ottimizzare la produzione del pigmento.
“In questo modo sostengono di poter produrre qualunque tipo di colore esistente”.
Geniale no?
Tuttavia prima di vedere applicata su larga scala idee di questo tipo un po’ di tempo dovrà necessariamente passare.
Come si colora un filato, direttamente in rocca o ci sono altri modi?
Si può tingere direttamente la materia prima oppure solamente il filato mettendolo in matasse, infine si possono colorare i filati anche nelle rocche con procedimenti di colorazione e asciugatura che garantiscono una qualità e una tenuta del colore assolutamente ottimale.
Ci sono differenze nella lavorazione di filati a seconda che siano colorati o meno? Se sì, quali?
Se i filati sono tinti con tinture aggressive che vanno ad indebolire la fibra la lavorazione sicuramente si rischia di risentirne e per questo, in questi (per fortuna sempre più rari) casi è necessario far molta attenzione e tarare le lavorazioni a seconda del tipo di prodotto da lavorare.
Come fa il colore a rimanere uniforme nel filato e a mantenere l’integrità nel tempo?
Perché si punta sull’uniformità, la penetrazione del colorante e la sua solidità.
Per questo il processo di colorazione per prima cosa punta ad eliminare le impurità della fibra.
Solo successivamente segue la tintura vera e propria in ambiente alcalino, contenente vari prodotti: coloranti imbibenti (per migliorare la capacità di assorbimento), ugualizzanti (per l’uniformità) e riducenti (per attivare i processi chimici).
Gli ultimi passaggi sono caratterizzati dal lavaggio e ossidazione per eliminare l’eccesso di colorante non assorbito dalla fibra e rendere il colorante insolubile in acqua.
Quanto impiega il colore mediamente per essere assorbito dal filato?
Il processo di colorazione ha un tempo che si può comprendere fra le 8 e le 12 ore circa
Come si fa a capire che durante le lavorazioni di colorazione non ci siano stati problemi? Esiste un controllo qualità? Come avviene?
I controlli sul colore dopo la tintura sono fondamentali per verificare l’uniformità, la continuità del colore e la solidità allo strofinamento.
Le prove di laboratorio vengono realizzate da tecnici specializzati, con strumentazione certificata e finalizzata a garantire la qualità e l’integrità del colore del filato pronto per essere tessuto oltre che a durare nel tempo.
Ringraziando il Sig. Santioni per la disponibilità all’intervista, l’appuntamento “per non perdere il filo” è per il mese di luglio in cui affronteremo ancora un nuovo argomento sul mondo della filatura e dintorni.
A presto! 😉
31 Mag 2018 - News
Tag: coloranti nell’industria tessile, filati colarati, Filatura, il colore nei filati